Il Giardino della Kolymbetra nella Valle dei Templi di Agrigento

La storia millenaria del Giardino della Kolymbetra si intreccia con quella della città di Agrigento. Originariamente, nel 500 a.C. circa, la Kolymbetra non era altro che una vasta peschiera utilizzata per l’allevamento ittico.

Gli abitanti dell’antica città di Agrigento, durante il periodo di massimo splendore, convogliavano gli acquedotti e raccoglievano le acque.

La storia della Kolymbetra

La grande piscina rappresentava un vanto per la città, ma nel corso del tempo, a causa della mancanza di manutenzione, si interrò e fu trasformata in una zona coltivabile. Grazie alla sua posizione protetta, che la preservava dai venti invernali e dal caldo estivo, e alla presenza di uno strato profondo e fertile di terreno alluvionale, la Kolymbetra divenne un’oasi di fertilità. L’Abate di Saint Non, nel 1778, la definì “un angolo della terra promessa”, riconoscendo la sua straordinaria fecondità.

Col passare del tempo, il terreno della Kolymbetra si trasformò in un giardino nel senso tipico della tradizione siciliana, diventando un orto-frutteto. L’introduzione degli agrumi aggiunse un tocco di colore con i loro frutti succosi, un’esplosione di profumi con i loro fiori e un’ombra rinfrescante che si estendeva per tutto l’anno.

Questa splendida caratteristica del giardino rimase intatta fino agli ultimi decenni del Novecento, quando, a causa della scarsità d’acqua, venne abbandonata. Tuttavia, grazie all’intervento del FAI (Fondo Ambiente Italiano), la Kolymbetra è stata ripristinata, restituendo così un ulteriore tesoro alla Valle dei Templi.

Oggi, il Giardino della Kolymbetra rappresenta una testimonianza straordinaria del connubio tra natura e storia. Esso incanta i visitatori con la sua ricchezza di piante, i suoi profumi avvolgenti e l’atmosfera suggestiva che permea ogni angolo. Il FAI ha compiuto un’opera di recupero encomiabile, preservando e restituendo alla comunità un gioiello prezioso, che rappresenta una tappa imperdibile nel percorso attraverso la magica Valle dei Templi.

Veduta sulla valle dei templi di agrigento
Le vasche e agrumi (crediti: si viaggia.it)

I canali d’irrigazione

Dall’altipiano, dove si erge imponente il Tempio di Vulcano, lo sguardo si apre verso l’acropoli, dominata dai maestosi templi di Castore e Polluce. Lungo un sentiero agevole ma discendente, si scende fino al fondo della Kolymbetra, dove il paesaggio cambia radicalmente.

Mentre sull’altipiano spiccano cipressi, pini e olivi, sparsi qua e là come punti verdi isolati o in piccoli gruppi, la valle si presenta come un’ampia distesa di verde. Si distinguono chiaramente le aree dedicate alla coltivazione degli agrumi, dove il terreno viene lavorato con cura e tenuto libero dalle erbe infestanti, e le aree in cui la vegetazione cresce spontanea. L’insieme crea un ambiente ricco e fresco, un’oasi di vita che solo grazie a un’irrigazione mirata e costante può mantenersi vitale in questi climi.

Il giardino si sviluppa lungo l’intera valle, costituendo un vasto frutteto che ospita una grande varietà di specie vegetali, con una particolare attenzione alla biodiversità e alle antiche varietà ormai non più coltivate. Tra tutte, gli agrumi e gli alberi di mandorlo spiccano per la loro presenza generosa e per il loro ruolo centrale nell’ecosistema della Kolymbetra.

La macchia mediterranea si estende oltre i terrazzamenti del giardino, circondati da caratteristici muretti a secco. Nel fondo della valle, invece, il paesaggio è dominato dal torrente e dalla vegetazione tipica delle zone riparie. Questo equilibrio tra i diversi ambienti crea un contesto unico, un connubio tra il rigore mediterraneo e la freschezza delle acque che scorrono, donando alla Kolymbetra un’atmosfera magica e un fascino senza tempo.

veduta sulla valle dei templi di agrigento con rovine
La vista dal giardino sulle rovine dei templi

La pianta da scoprire

La pratica della coltivazione degli agrumi, così come la conosciamo oggi, è il risultato della saggezza dei popoli arabi. Il terreno, suddiviso in terrazze, veniva irrigato utilizzando l’acqua accumulata nelle gebbie, delle splendide vasche che si possono ancora ammirare nel giardino.

Da queste vasche, l’acqua fluiva attraverso canali scavati nella roccia, noti come saje, che erano progettati per trasportare l’acqua senza dispersione. Dai canali, l’acqua si distribuiva attraverso una serie di canali di irrigazione, chiamati cunnutti, che raggiungevano direttamente le conche situate ai piedi degli alberi o nei rami successivi. In questo modo, l’acqua veniva distribuita solo nella zona sottostante la chioma delle piante, dove le radici naturalmente si estendevano, favorendo la concentrazione del loro sviluppo. L’efficacia di questa antica tecnica, che ancora oggi si rivela sorprendente, insieme alla raccomandazione di non sprecare acqua, sono insegnamenti che possiamo applicare anche nei nostri giardini, persino per le piante in vaso.

Per irrigare cespugli, alberi e persino piante da fiore, come ad esempio i pomodori, la tecnica della conca consente di ottenere la massima efficacia utilizzando lo stesso volume d’acqua impiegato. Intorno alla pianta, lasciando uno spazio protetto intorno al colletto, il terreno viene diserbato e lavorato per aumentarne la permeabilità. Il materiale di scarto viene utilizzato per creare un anello che circonda l’area di proiezione della chioma, se si tratta di piante di dimensioni ridotte, o la metà dell’area se sono molto sviluppate. L’acqua, una volta determinato il volume adeguato, viene introdotta rapidamente nella conca, che viene allagata. Solo successivamente il terreno assorbe uniformemente l’acqua su tutta la superficie e non solo in un punto specifico, come avverrebbe se venisse versata con un tubo.

veduta di agrigento
Antiche costruzioni e vista su Agrigento (credits: initalia virgilio)

La stessa efficacia si applica alle piante in vaso, riempiendo rapidamente tutto lo spazio libero tra il terreno e il bordo del vaso. La distribuzione è uniforme e il terreno rimane umido più a lungo.

Un’altra tecnica legata all’uso particolare dell’acqua è quella della forzatura dei limoni: a partire dalla metà di luglio vengono irrigati in modo limitato, favorendo una fioritura rigogliosa per raccogliere, l’anno successivo, i pregiati limoni verdi in estate. Questo metodo garantisce una produzione di alta qualità.

In conclusione, l’arte della gestione dell’acqua nella coltivazione degli agrumi nella Kolymbetra si basa su una profonda conoscenza delle esigenze delle piante e delle tecniche di irrigazione mirate. Questa antica saggezza, tramandata nel corso dei secoli, contribuisce ancora oggi alla prosperità e alla bellezza di questo giardino straordinario.

L’Olivo

Nel suggestivo contesto della Kolymbetra, le due specie più rappresentative e ampiamente coltivate sono gli olivi e gli agrumi, che convivono in armonia con una varietà di altre piante da frutto. Tra queste, spiccano il carrubo, il nespolo giapponese, il mandorlo, il gelso da more, il melograno, il fico, il pistacchio e il nespolo. Questa ricchezza di specie vegetali crea un ambiente diversificato e affascinante, dove le piante spontanee e la tipica vegetazione della macchia mediterranea trovano il loro spazio.

Attraverso un’attenta esplorazione del giardino, è possibile ammirare alcune delle piante più interessanti presenti nella Kolymbetra. Ogni specie racconta la sua storia e offre un contributo unico all’ecosistema del luogo.

piante di agrumi
coltivazione di agrumi

Gli agrumi

Durante la fine del IX secolo d.C., gli Arabi introdussero in Sicilia due preziose specie di agrumi provenienti dall’Asia: il limone e l’arancio amaro. Questi frutti, insieme alle loro tecniche di coltivazione, hanno segnato un momento fondamentale nella storia agricola dell’isola.

Inizialmente, l’arancio amaro non era coltivato principalmente per i suoi frutti, ma era apprezzato per la sua bellezza ornamentale. La sua presenza adornava gli spazi e gli ambienti, diffondendo un piacevole profumo e regalando una vista incantevole. Diversamente, l’arancio dolce, quello che oggi consumiamo comunemente, arrivò in Europa successivamente grazie ai commercianti portoghesi, da cui deriva anche il suo nome popolare di “Portogallo”.

Il limone, invece, si adattò immediatamente alle condizioni ideali della Sicilia e in questa terra trovò un ambiente propizio per il suo sviluppo. Ancora oggi, numerose varietà di limoni locali vengono coltivate sull’isola, testimoniando la sua lunga tradizione agrumicola. Questo frutto è noto per la sua straordinaria capacità di fiorire ripetutamente, raggiungendo fino a tre raccolti all’anno nelle condizioni ottimali.

La presenza degli agrumi introdotti dagli Arabi ha lasciato un segno indelebile nella cultura siciliana, contribuendo alla ricchezza del patrimonio agricolo e alla varietà di sapori e profumi che caratterizzano l’isola. I limoni e gli aranci, con il loro aroma intenso e il sapore vivace, hanno arricchito la cucina locale e hanno reso la Sicilia famosa in tutto il mondo per i suoi agrumi di alta qualità.

dettaglio di pianta di agrumi con arancio
Arancio (credits: zanetgarden)

Fico d’India

I fichi d’India, nonostante siano ormai perfettamente adattati al clima siciliano e facciano parte dell’iconografia fotografica tipica dell’isola, hanno origini americane. Queste piante sono state oggetto di un’interessante trasformazione evolutiva per sopravvivere alle sfide ambientali locali. Le loro foglie sono state modificate in spine, riducendo così la superficie evapotraspirante e consentendo alla pianta di conservare l’umidità.

Le pale, che in realtà costituiscono il fusto del fico d’India, hanno assunto una funzione fotosintetica simile a quella delle foglie, assumendo un caratteristico colore verde. Il tessuto delle pale, succulento ma resistente, è ricco di cloroplasti, responsabili della fotosintesi, ed è allo stesso tempo carnoso per immagazzinare l’acqua.

I fiori del fico d’India sono di un vivace colore giallo e sbocciano tra aprile e maggio lungo i bordi delle pale. Talvolta, i fiori si aprono in sequenza, creando uno spettacolo affascinante. Successivamente, i fiori saranno sostituiti dai frutti carnosi. Inizialmente, i frutti sono verdi e poi, a seconda della varietà, assumono una varietà di colori.

Grazie alla loro notevole resistenza al freddo, i fichi d’India possono essere coltivati anche in zone con inverni non troppo rigidi, a patto di seguire le opportune accortezze. È necessario garantire un terreno ben drenato e scegliere un’esposizione ottimale per favorire la crescita e lo sviluppo di queste piante affascinanti.

pale di fichi d'india
pianta di fico d’india (credits gardenzenet)

Agave americana

Accanto al fico d’India, un compagno inseparabile a causa delle simili esigenze, troviamo l’agave grigia americana, che si aggrappa ai massicci calcarei della valle in maestosi esemplari. L’agave americana è una pianta monocarpica, il che significa che fiorisce una sola volta e poi si dissecca. L’asse fiorale, che raggiunge un’impressionante altezza di nove metri, ha una forma piramidale e si presenta come una pannocchia con ramificazioni laterali che si aprono a formare ombrelli sparsi. I singoli fiori, che possono raggiungere una lunghezza di 10 cm, sono di un delicato colore giallo chiaro.

L’asse fiorale si sviluppa al centro della rosetta solo quando la pianta ha raggiunto un’età matura e dimensioni considerevoli, ma mai prima del decimo anno di vita. È uno spettacolo affascinante osservare la crescita di questa imponente infiorescenza che si erge sopra la rosetta di foglie grigio-verdi dell’agave.

L’agave grigia americana, con la sua straordinaria capacità di fiorire una volta nella sua vita, rappresenta un esempio di adattamento unico nel regno delle piante. La sua presenza accanto al fico d’India aggiunge fascino e varietà al paesaggio della valle, offrendo un’ulteriore testimonianza della diversità e della bellezza della flora presente nella Kolymbetra.

pianta selvatica della specie agave americana
agave americana (credits: wikipedia)

Il banano

A completare il quadro delle piante straniere che si sono ormai radicate e diventate parte integrante del luogo, troviamo il banano, il cui riflesso si riflette nelle placide acque della gebbia nella Kolymbetra. Con le sue lunghe foglie frastagliate che si ergono verso l’alto, quasi verticali, muovendosi al vento, il banano completa l’elenco delle piante esotiche che hanno trovato una nuova casa in questo luogo. Nella Kolymbetra, possiamo ammirare un bell’esemplare di banano che si specchia nelle limpide acque della gebbia.

Dal punto di vista botanico, il banano non è considerato un albero, ma piuttosto un’erba di grandi dimensioni, con uno stelo centrale da cui spunta il fiore. L’infiorescenza, sostenuta da un lungo peduncolo che si protende verso il basso, si apre gradualmente, come se fosse un grande bocciolo allungato, rivelando brattee viola che si aprono verso l’alto, simili a una spiga distesa ad asciugare. In questo processo, i fiori, piccoli e tubolari, di colore avorio o giallo crema, vengono esposti e destinati a cadere a terra nell’arco di poche ore.

Il banano richiede un terreno ben drenato, caldo e privo di ristagni, che sia allo stesso tempo leggero e fertile, ricco di humus e materia organica parzialmente decomposta. La sua presenza nella Kolymbetra aggiunge un tocco esotico al panorama e testimonia la capacità di quest’area di accogliere piante provenienti da terre lontane e di offrire loro un ambiente adatto alla crescita e alla prosperità.

pianta selvatica di banana
Pianta di banano (credits: Peraga Garden Center)

L’olivastro

Una pianta che assomiglia all’olivo sia per la sua forma che per le foglie è il portainnesto utilizzato per l’olivo coltivato, sfruttandone il vigore e la resistenza alle condizioni estreme. Stiamo parlando della varietà Olea europaea sylvestris, un rappresentante tipico della macchia mediterranea. Questa pianta può assumere una forma arbustiva o crescere come un piccolo albero, le sue foglie e i suoi frutti sono più piccoli rispetto alla specie coltivata.

L’Olea europaea sylvestris ha da sempre riscosso l’apprezzamento dei pastori per una caratteristica unica del suo legno scuro: brucia anche quando è verde. Questa peculiarità ha reso la pianta preziosa come fonte di combustibile nelle comunità rurali, dove la disponibilità di legna da ardere è essenziale per il riscaldamento e la cottura dei pasti.

Oltre al suo ruolo come portainnesto per l’olivo, l’Olea europaea sylvestris è un elemento prezioso nella flora mediterranea, contribuendo alla biodiversità e all’ecosistema locale. La sua presenza nella Kolymbetra aggiunge un tocco di rusticità e autenticità al paesaggio, testimoniando la lunga storia di interazioni tra l’uomo e la natura in questa regione.

pianta di olivastro
Pianta di Olivastro (credits: www.teline.fr)

La malva argentina

Tra le piante spontanee che popolano la Kolymbetra, una delle più affascinanti è la Malva agrigentina. Questa pianta meravigliosa ha la capacità di colpire l’osservatore grazie al suo aspetto unico. Sebbene la sua forma sia simile a quella delle altre malve, è il suo colore a renderla davvero speciale. È un giallo carta di riso, luminoso e quasi trasparente, che cattura lo sguardo e diffonde una sensazione di delicatezza.

La Malva agrigentina è un prezioso endemismo, il che significa che è unica e non può essere trovata al di fuori della sua ristretta area di diffusione. Questo la rende ancora più preziosa e desiderabile per gli appassionati di botanica. Non solo è una bellezza da ammirare, ma anche una pianta vigorosa che si espande con forza sul terreno, creando una presenza significativa nella Kolymbetra.

La presenza di questa bellissima Malva agrigentina è un ulteriore tesoro di biodiversità che arricchisce il giardino e testimonia la varietà di specie che possono trovare un habitat ideale in questa meravigliosa valle siciliana.

dettaglio di fiore di malva argentina
malva argentina (credits:webconsultas)

Il fiordaliso costiero

Fra le piante che caratterizzano le spiagge e le regioni costiere, il fiordaliso Centaurea sphaerocephala si distingue per la sua presenza vivace e affascinante. Questa pianta vegeta sulle dune sabbiose, trovando il suo habitat ideale in questi ambienti particolari. Il periodo di fioritura si estende da aprile ad agosto, regalando un tocco di colore e bellezza alla costa.

Il Centaurea sphaerocephala si presenta con un calice spinoso, che conferisce alla pianta una certa protezione e resistenza alle condizioni ambientali sfavorevoli. La sua altezza può variare notevolmente in base all’ambiente circostante e all’azione dei venti. Infatti, il fusto può assumere una posizione semiprostrata, piegandosi e adattandosi alle sfide del paesaggio costiero.

I fiori di questa specie di fiordaliso sono un vero spettacolo per gli occhi. Le corolle laciniate presentano colori vividi e brillanti, che attraggono l’attenzione e contribuiscono alla bellezza del paesaggio costiero. Ogni fiore è un capolavoro naturale, offrendo una varietà di tonalità che si mescolano armoniosamente.

La presenza del Centaurea sphaerocephala contribuisce a creare un ambiente unico e affascinante lungo le spiagge e le regioni costiere. Questa pianta, con la sua forma distintiva e i suoi fiori accattivanti, rappresenta una testimonianza della diversità e della bellezza della flora che si adatta alle sfide dell’ecosistema costiero.

dettaglio di fiordaliso costiero
Fiordaliso costiero (credits: piante spontanee)

La palma nana

La Chamaerops humilis, comunemente nota come palma nana, è una specie originaria dell’area occidentale del bacino del Mediterraneo e rappresenta l’unica vera palma italiana, in grado di prosperare in gran parte del nostro paese. Questa pianta è caratterizzata da una coltivazione relativamente semplice, richiedendo una posizione soleggiata e riparata dai venti forti, preferibilmente in un terreno fertile ma ben drenato.

Nella natura, la Chamaerops humilis raggiunge un’altezza di circa un metro, ma in coltivazione può raggiungere anche il doppio di questa misura. Le sue foglie sono facilmente riconoscibili poiché ogni elemento del ventaglio termina con una doppia punta distintiva. Queste foglie sono sostenute da lunghi piccioli legnosi, spinescenti al tatto.

Il fusto di questa palma tende a ramificarsi alla base, creando così un denso cespuglio di foglie a ventaglio che dona un aspetto caratteristico alla pianta. In passato, la Chamaerops humilis è stata utilizzata come fonte alimentare prima dell’introduzione dei cereali nell’isola. Oggi, viene ancora impiegata nell’artigianato tradizionale per lavori di intreccio, grazie alla flessibilità e alla resistenza delle sue foglie.

La presenza della Chamaerops humilis nel panorama mediterraneo aggiunge un tocco di esotismo e di tradizione, rappresentando una pianta durevole e adattabile che contribuisce a creare un ambiente unico nelle regioni in cui si sviluppa. La sua presenza nella flora italiana rappresenta un patrimonio naturale e culturale da preservare e apprezzare.

palma nana sulla costa
Palma nana (credits: siciliafan)

Il vilucchio

La Calystegia soldanella, conosciuta come vilucchio, è una specie caratteristica delle spiagge e delle zone costiere. La sua campanella, simile nella forma a quella delle altre specie di rampicanti invasivi e infestanti del genere, si distingue per la splendida variegatura colorata che la contraddistingue. Questa pianta si fa notare tra le rovine e nel giardino, in compagnia di altre specie come gli acanti, i cespugli rigogliosi di rosmarino, il finocchio selvatico, le anthemis e i cardi gialli.

La presenza della Calystegia soldanella aggiunge un tocco di vivacità e di colore alle zone costiere, impreziosendo l’ambiente con la sua fioritura e le sue caratteristiche distintive. Nonostante la sua tendenza a essere invasiva, la sua bellezza rende difficile resistere al suo fascino.

Occhieggiando tra le rovine e arrampicandosi sulle superfici, il vilucchio crea un’atmosfera affascinante e pittoresca. La sua presenza si mescola armoniosamente con altre piante costiere, creando un panorama suggestivo e un habitat ricco di biodiversità.

La Calystegia soldanella è un esempio di come la natura si adatti ai diversi habitat e riesca a prosperare anche in condizioni ambientali impegnative. La sua resistenza e la sua capacità di adattamento ne fanno una protagonista indiscussa delle zone costiere, rendendola un elemento essenziale del paesaggio marino.

La bellezza e la vitalità della Calystegia soldanella ci ricordano l’importanza di preservare e proteggere gli ecosistemi costieri, valorizzando la diversità biologica e rispettando l’equilibrio fragile di questi habitat unici.

dettaglio di fiore di vilucchio
pianta di vilucchio (credits: homeate)

Fonti

https://siviaggia.it/posti-incredibili/il-giardino-della-kolymbethra-un-paradiso-nella-valle-dei-templi/209171/

https://www.museopertutti.org/musei/giardino-della-kolymbethra-agrigento/

https://www.siciliaweekend.info/2022/08/28/giardino-della-kolymbethra-agrigento

https://www.zanetgarden.it/blog/garden-blog/336-agrumi-come-coltivarli-anche-al-nord

https://www.webconsultas.com/belleza-y-bienestar/plantas-medicinales/que-es-la-malva-y-principios-activos

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